Il tempo scandito dalle tradizioni: la raccolta dei fichi


12 Settembre 2021

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Tutto iniziò con i racconti di mio nonno Raffaele, Feluccio per gli amici. A turno, lui e la bisnonna paterna Maria ci raccontavano di quando portavano mio padre e i miei zii, loro figli, nelle storiche campagne di famiglia in quel lembo di terra rossa e muretti a secco noto come Specchia Tarantina, una contrada esattamente equidistante da Grottaglie, Martina Franca e Ceglie Messapica. Lì, a Specchia Tarantina, la mia famiglia ha da tempo immemore dei trulli. Ora sono un po’ sventrati, ma resta un posto dove vado spesso quando la città mi stanca, perché soltanto immergendomi nella natura riesco a recuperare un ordine migliore.

“Tuo padre dovevamo legarlo all’albero per quante ce ne combinava!” mi diceva sempre nonno Feluccio “Era incontenibile, riusciva sempre a trovare una nuova motivazione per cui farsi punire!”.

Queste conversazioni erano la prassi interlocutoria dei pranzi domenicali a casa di Feluccio e Maria, dove tutti i figli si riunivano settimanalmente. Spesso accadeva che anche io, mia sorella o i miei cugini ci comportassimo da discoli, e quindi per alleviarci i sensi di colpa dettati dalle punizioni genitoriali, i nostri nonni ci raccontavano le peggiori sceneggiate che avevano dovuto subìre anche loro, quand’erano solo genitori e non nonni.

Poi si passava col decantare la bellezza di quella terra ruvida, troppo spesso derubricata a provincia arida.

“Lì fa sempre più fresco rispetto a Taranto,” diceva Nonna Maria “e non esistono dei fichi più dolci di quelli che raccogliamo da zio Cesco e ai nostri trulli”.

Ed era vero. Mi ricordo le scampagnate con loro, nella vecchia 500 bianca dei nonni, in cui ci infilavamo tutti quanti noi nipoti sopportando volentieri i venti chilometri pigiati come sardine, perché una volta arrivati ai trulli avremmo potuto liberarci e godere della campagna nella sua pienezza.

Sul finire dell’estate, come in questo periodo, c’era il rituale della raccolta dei fichi.

I fichi, a mio avviso, rappresentano benissimo la stagione in cui nascono, crescono e poi vengono raccolti. Sono piccoli, un po’ come la bella stagione che ci sembra sempre breve, eppure sono un’esplosione di dolcezza infinita, come quelle grandiose giornate estive che si passano con le persone che amiamo, siano famiglia, amici o compagni di vita. Così ho sempre vissuto l’estate, e cos’ i fichi me la ricordano.

Insomma, arrivavamo a Specchia Tarantina e venivamo sguinzagliati, ogni nipote con un cestino di vimini, alla ricerca dei dolci frutti verdi o viola. Pur di raggiungere i rami più folti e ricchi di fichi ci arrampicavamo come scimmie sin sopra la sommità degli alberi. Ricordo la resina e la ruvidezza della corteccia, ricordo i rami stabili che usavo come pioli naturali, ricordo una volta che quasi stavo per cadere perché mi stava scivolando il cestino, e mai avrei permesso che un solo di quei fichi finisse spiaccicato: o nello stomaco, o in un barattolo di vetro!

Eh sì, perché tutta questa raccolta aveva un duplice fine.

Da un lato i nostri nonni ci facevano svagare, divertire, assaporare gli ultimi giorni di libertà prima di tornare a scuola. Dall’altro, si recuperava ciò che la natura ci aveva offerto durante l’estate, raccogliendo i fichi per farci tanta speciale marmellata.

Era davvero bello. Eravamo piccoli e felici, felici di stare con i nonni, felici per il bottino, per i momenti passati sulla sommità dei trulli a contemplare le immense radure tinteggiate di grano e di erbe incolte. Chissà che discorsi facevamo, da bambini, io e mia sorella, noi e i miei cugini.

Per questo, perché a ripensarci provo solo sensazioni positive e automaticamente sorrido, ogni anno continuo a fare la raccolta dei fichi a Specchia Tarantina. Ci trascino mio figlio Riccardo, con qualche amico, quando può si trova anche mio figlio Lorenzo che ama la cucina e la natura, e cerchiamo di ricostruire quei momenti, anzi no, ne fondiamo di nuovi, insieme. Ogni anno faccio la marmellata di fichi che poi regalo e condivido con tutti, parenti e amici.

I fichi, quei fichi lì, di Specchia Tarantina, sono sempre i più dolci, i più buoni, come diceva Nonna Maria. Passano gli anni, arrivano le pandemie, eppure la Terra continua a volerci bene e a regalarci queste gioie e queste emozioni.

Dovremmo tenerci di più, alla Terra.