Il mio paradiso personale : Il Casentino


9 Febbraio 2021

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Ebbene sì, amici e amiche: sono appena ritornata a Taranto dal mio magico Casentino.

No, non ho infranto nessuna legge, state tranquilli. Semplicemente, i miei genitori dovevano svolgere delle visite specialistiche ad Arezzo e ci siamo appoggiati conseguentemente alla nostra bella casa colonica Poppiena, in piena vallata del Casentino.

In realtà, sebbene ci fossero di mezzo analisi e visite mediche, ero anche sollevata di poter tornare a Poppiena. Mi è mancato il capodanno qui, il freddo pungente, i polmoni che respirano solo gli odori dei boschi e delle colline, il camino acceso ogni sera. Quindi, sempre vedere il bicchiere mezzo pieno, ché nella malasorte si può sempre scovare qualcosa di positivo.

Siamo partiti io, i miei genitori Barbara ed Enzo, Ricky e la piccola Kuma. Sì, lo so, Riccardo ha saltato qualche giorno di lezione… ma anche a lui ha fatto bene venire a Poppiena. Aveva bisogno di muoversi, di sfogarsi, di fare avventure e di riprendere quella manualità che Fortnite gli ha tolto.

Il viaggio da Taranto a Pratovecchio, il comune dove abbiamo Poppiena, è sempre uguale: passo dell’Irpinia, dorsale tirrenica, Roma, si esce ad Arezzo per prendere la strada provinciale. Sono sette ore e mezzo abbondanti, ma ne vale la pena. Il curvone che precede la nostra casa si apre su una scenografica boscaglia con ruscello, che anni fa era incorniciata da tanti girasoli.

Appena arrivati, dopo aver sistemato i bagagli e attivato i termosifoni, ci siamo messi davanti al camino ed abbiamo acceso il fuoco. L’odore della legna bruciata, come mi era mancato!

Sono stati dei giorni molto intensi. Noi, come famiglia, avevamo bisogno di un recupero riflessivo quassù. Verrà da dire che siamo stati forzati all’eremitaggio per troppo tempo a causa del covid-19, ma un conto è stare chiusi col lucchetto dentro casa in una zona urbana, un altro è poter riflettere su sé stessi, stare in famiglia e condividere tante abitudini in un contesto così rilassante, che ti porta a ricercare la pace interiore, che te ne facilita il raggiungimento.

Abbiamo fatto lunghissime passeggiate nelle mulattiere e nelle radure più sperdute. Siamo andati a pescare con Ricky in laghi così incantevoli da sembrare finti. Abbiamo accompagnato i nonni, i miei genitori, alla messa della domenica ad Ama, un’antica chiesetta dell’XI secolo con un’abside bellissimo, e un prete che la gestisce che è ancora più stupendo umanamente parlando, Don Francesco. Lui e mio padre parlano tanto, si confrontano, hanno una cultura sterminata che incrociano e scambiano.

Andavamo io e mamma a fare la spesa in paese, ci dedicavamo a cucinare ottimi piatti della tradizione toscana come la ribollita, i ravioli ripieni e addirittura la mitica fiorentina cotta sulla brace del camino. E poi eravamo zona gialla, quindi ci si è sdati di pranzi e pranzi nelle osterie e nei ristoranti del posto, come il mitico Porto Sfuso (ex Toscana Twist!) e il grandissimo Caranbar, e pure alla Scarpaccia, un posto mitologico che un giorno vi racconterò in maniera più approfondita. In realtà ogni posto, ogni faccia, ogni angolo di questa mitica valle andrebbe raccontata e studiata. Non è molto turistica, ma è meglio così. Ci devi sbattere per arrivarci, ed è meglio così.

Oggi siamo tornati a Taranto, dopo un viaggio di ritorno bello estenuante. Di nuovo operativi, di nuovo in prima linea.

Come al solito, però, ci portiamo dietro gli odori, i sapori del Casentino, e soprattutto tanti nuovi ricordi da rispolverare quando la tristezza potrà affiorare nei nostri pensieri.