Aiutiamo uno dei canili di Taranto


29 Marzo 2022

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Aiutiamo il canile di Taranto

Premessa: prima di avere Kuma, non avevo mai avuto modo di capire cosa significasse avere un cane nella propria vita. Mia madre, Barbara, è una gattara convinta. Abbiamo avuto diversi gatti, come Malachia I, Malachia II, Melania, ora c’è Mirtilla con la mia mamma (tutti nomi con la “M” come da tradizione familiare!), ma cani mai. Quindi non sapevo che aspettarmi, quando decisi di regalare ai bambini un cane.

Era novembre 2018 e prendemmo Kuma dal canile. Sarebbe da overdose di dolcezza se vi scrivessi il legame che Kuma ha instaurato con tutta la nostra famiglia. Le mie stories su Instagram, i post che le dedico ogni giorno. Kuma è la figlia che non ho mai avuto. Kuma è di una tenerezza e purezza disarmante, esprime quel bene disinteressato che davvero appartiene solamente agli animali.

Kuma però è fortunata. Kuma ha una famiglia che la ama, dei fratelli che litigano pur di averla nel letto a dormirci insieme la notte, ha scatolette a volontà, una mammina come me che la porta in giro a correre e a farle scoprire posti nuovi, ha una cuccia calda e può coricarsi tutto il pomeriggio sul letto di Lorenzo mentre lui lavora in smartworking.

Al canile San Raphael di Taranto, invece, ci sono cinquecento cani che non possono avere niente di tutto ciò.

Purtroppo è un dato di fatto: siamo pieni di cani randagi, o abbandonati. Da qualche tempo mi capita di scrollare la homepage dei miei social e sempre più spesso trovo annunci e richieste di adozione nei gruppi di pronto soccorso per animali. Mi si stringe il cuore ad ogni post. Prendetemi per cretina ingenua, ma trovo una bontà rara negli animali. E vederli così sofferenti, spesso per negligenza umana, mi fa male. Non potevo più limitarmi a condividere post e donare qualche spicciolo per consentire operazioni e stalli. Volevo mettermi in gioco.

E così ho fatto, quando sono andata al Canile San Raphael di Taranto per fare volontariato, tramite l’ENPA che da sempre supporta e protegge gli animali. Si tratta semplicemente di stare con i cani. Sembrerà banale, ma cinquecento cani son tanti e portarli tutti a spasso, farli giocare e accarezzarli, dargli affetto e calore, non è mica semplice. Le volontarie sono poche, e il personale della struttura anche. Bisogna pensare alle pulizie, al cibo, alle malattie. Quindi occorrerebbero davvero tante persone in più che diano una mano. Anche di personale competente come veterinari, visto che c’è soltanto un responsabile che fa le visite qualche giorno al  mese. Capirete anche voi che visitare cinquecento cani in pochi giorni  è impossibile.

Ho visto certi canini e canoni … bellissimi. Tutti bellissimi. Anche il canino più anziano, più sfatto, più martoriato da qualche subdola infezione, trasuda bellezza e amore. Alcuni non hanno mai visto mondo all’infuori del canile. Altri non riesci manco a farli uscire dalla gabbia per fare un giretto, perché non si fidano. Poi ci sono quelli come Gastone, un patato vero e proprio, che invece sono dei pagliaccioni esibizionisti e ti saltano addosso, ti sbavano, si emozionano già soltanto per il fatto che gli stai aprendo la gabbia.

Lo so, lo so: c’è la guerra in Ucraina, c’è la povertà per le strade, i bambini nelle case-famiglia, i senzatetto, la tossicodipendenza, “eh quelli son soltanto animali”, eccetera eccetera… ok, dite pure quello che volete. Penso che la solidarietà non conosca discriminazione d’esistenza. Una vita è una vita. Sempre. E credo che dare qualcosa al mondo sia sempre meglio di non dare niente. Io cerco di restituire qualcosa a questi cuccioli stupendi del canile San Raphael anche se quello che ricevo è molto di più di quello che do ! Questo è il mio. Non giudico gli altri. Nemmeno chi non fa niente in termini di volontariato. Ognuno ha le sue croci.

Ma ve lo chiedo apertamente: se questo racconto vi ha smosso un po’, allora contattatemi o presentatevi al canile San Raphael. Quei cinquecento pezzi di cuore e di pelo scodinzolante ve ne saranno grati.